Siamo in Via del Pratello 44/a da più di 20 anni e non abbiamo mai cambiato la nostra formula: ambiente rilassato, buone birre, il flipper e tanti amici.
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“Quando venne inaugurata la nuova osteria in via del Pratello, tutti conoscevano benissimo i proprietari ma nessuno sapeva cosa significava il nome. Una marea notturna di clienti, amici, innamorati, seguaci della moda, appassionati di flipper e filosofi di mezzanotte salì e rifluì alla luce del nuovo faro che mandava i suoi segnali nella notte bolognese, e in quelle serate nacquero e si diffusero le più svariate teorie su cosa fosse in realtà un Mutenye. Era senz’altro uno strumento musicale etnico, una tribù africana, una società segreta, una marca di sigari cubani o un’isola abbandonata, a una cert’ora della notte è inutile tentare di fermare le proprie fantasie. Ma per quanto ogni teoria avesse un suo fascino personale, nessuna di queste corrispondeva alla realtà, perché la verità sull’enigma del Mutenye era ben più semplice. Il Mutenye è un viaggiatore senza passaporto, un’amante al quale non serve un letto, un prete che non ha bisogno di bibbia. La risposta era già lì con noi,era negli sgabelli sui quali sedevamo, nel bancone sul quale ci sporgevamo e nelle porte dalle quali uscivamo per rientrare dopo aver risolto le il grosso delle problematiche mondiali del momento.
Il Mutenye è il contatto caldo e naturale con il legno di un albero che cresce nello Zaire, è l’arte e la cura di un mastro artigiano, ed è soprattutto l’affetto spontaneo di due persone che, come gli alberi, sanno benissimo dove sono le proprie radici”
Testo di David James Sheen;
Traduzione di Andrea Tuveri.
Questo racconto fa parte della raccolta “Mutenye, un luogo dello spirito“; Odradek, 2002